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Il digitale a supporto della sostenibilità

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La digitalizzazione può portare al raggiungimento della sostenibilità delle comunità e dei territori.

Nella nostra epoca, lo sviluppo di una società competitiva e resiliente ha due determinanti principali: una trasformazione digitale pervasiva e la crescita dei livelli di sostenibilità ambientale e sociale delle attività umane. Questi due paradigmi di sviluppo non solo si complementano all’interno di una visione di sviluppo largamente condivisa, ma si rafforzano vicendevolmente in un rapporto sinergico. È questo il principio che ha guidato la realizzazione dello Studio “Digitalizzazione e sostenibilità per la ripresa dell’Italia”, elaborato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Microsoft Italia presentato nell’ambito del Forum di The European House – Ambrosetti, in una conferenza stampa cui hanno preso parte anche Silvia Candiani (Amministratore Delegato di Microsoft Italia) e l’advisor scientifico dell’iniziativa Patrizia Lombardi (Prorettore del Politecnico di Torino; Presidente della Rete Italiana delle Università per lo Sviluppo Sostenibile).

La ricerca, realizzata da The European House – Ambrosetti, si è posta l’obiettivo di indagare il contributo del digitale allo sviluppo sostenibile, identificandone gli ambiti di applicazione e quantificandone gli impatti sulle sue diverse componenti per l’Italia nel contesto della ripresa post Covid-19.

Nello Studio vengono identificate le sinergie tra trasformazione digitale e le diverse componenti di sviluppo sostenibile.

Sotto il profilo della sostenibilità economica, lo studio dimostra come le aziende digitalizzate ottengano un importante beneficio sulla produttività del lavoro rispetto alle aziende che non hanno ancora attuato percorsi di trasformazione digitale (+64% per le aziende italiane, rispetto ad un +49% per le aziende europee).
Sotto il profilo della sostenibilità ambientale, il gruppo di lavoro di The European House – Ambrosetti ha costruito un innovativo modello proprietario per stimare il contributo del digitale alla decarbonizzazione. Dal modello risulta come il digitale sarà una delle armi più importanti per la transizione verde, con un impatto al 2030 pari a quello incrementale delle energie rinnovabili. Complessivamente, infatti, si stima che tra il 2020 e il 2030 il digitale contribuirà ad abbattere fino al 10% delle emissioni rispetto ai livelli del 2019 (37 milioni di tonnellate di CO2 annue).
Sotto il profilo della sostenibilità sociale, lo studio evidenzia chiaramente come l’adozione di nuovi modelli di collaborazione sia la principale leva d’azione attraverso cui le aziende possono contribuire al benessere delle persone, all’inclusione sociale e all’inclusione dei territori. Nella survey condotta su un campione di oltre 200 aziende italiane in cui nuove forme di lavoro a distanza (63,7% del campione) e di collaborazione (59% del campione) sono state indicate come le principali leve attraverso cui il digitale può contribuire alla sostenibilità sociale.

Dalla survey condotta dal gruppo di lavoro di The European House – Ambrosetti su un campione di oltre 200 aziende, le nuove forme di lavoro a distanza (64% del campione) e di collaborazione (59% del campione) sono, infatti, percepite come le principali leve attraverso cui il digitale può contribuire alla sostenibilità sociale.

Tra i principali insights emersi dalla survey risulta che il 64% delle aziende intervistate considera la sostenibilità ambientale come uno dei pilastri della propria visione.

Vero abilitatore del cambiamento in chiave sostenibile è la presenza di una cultura aziendale orientata al digitale. A sostenerlo è il 42% delle aziende del campione; a seguire, la presenza di processi che permettano di sfruttare a pieno il digitale (24%) e delle giuste competenze per creare valore a partire dagli asset digitali in azienda (21,5%). Una cultura aziendale digitale, che integra la tecnologia nella propria value chain e nella propria strategia, è quindi predisposta a sfruttarne il valore oltre la “semplice” efficienza, ma anche, ad esempio, ad innovare prodotti e servizi e registrare impatti positivi sui territori di attività – con maggiore ingaggio di consumatori e investitori, e ricadute positive in termini di competitività.

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Dalla ricerca emerge inoltre che oltre l’86% delle aziende dichiara di aver implementato o programmato misure per la sostenibilità abilitate dal digitale. Il restante 14%, che ancora non ha realizzato né pianificato implementazioni sostenibili, fa riflettere sulla necessità, ancora invalidante, di finanziamenti a sostegno della transizione green e della digitalizzazione, governance orientate alla sostenibilità e procedure più snelle – a cui il PNRR, con il 70% delle risorse dedicate a green e digitale, potrà imprimere un’accelerazione significativa.

Secondo le aziende intervistate i principali fattori che contribuiscono a migliorare la sostenibilità ambientale sono la diminuzione degli spostamenti (71,2%), la dematerializzazione dei processi (68,4%), la gestione più efficiente delle operations (50,9%) e l’incremento delle attività di monitoraggio (49,1%).

Alla luce delle evidenze emerse, lo studio riporta tre proposte concrete elaborate da The European House – Ambrosetti insieme a Microsoft Italia e indirizzate ai policymaker e alle aziende:

  1. Abilitare il diritto/dovere alla formazione digitale attraverso un “new Deal” delle competenze: una pluralità di indicatori segnala la carenza di competenze digitali come l’elemento di debolezza chiave del sistema industriale italiano.
  2. Sancire il diritto universale al digitale come leva di inclusione sociale e riduzione delle disuguaglianze.
    La pandemia ha accelerato l’importanza di interventi volti a colmare il digital divide tra la popolazione e tra porzioni del territorio italiano, aprendo opportunità di sviluppo per i territori economicamente meno dinamici e periferici, grazie alle possibilità offerte dal digitale e dalla remotizzazione del lavoro, che può innescare circoli virtuosi di sviluppo e brain (re)gain per i territori periferici del Paese.
  3. Individuare standard condivisi per misurare l’impatto delle aziende tra i molti esistenti: al fine di poter convogliare anche le energie del mondo privato verso la costruzione di modelli di produzione e consumo sostenibili, è chiave elaborare metodologie condivise per la quantificazione degli impatti ambientali e sociali di tutte le attività di impresa.

Lo studio, infine, ha voluto valorizzare il punto di vista dei giovani, raccogliendo le proposte di progetti di sostenibilità abilitati dal digitale emersi da una Sustainability Challenge cui hanno partecipato 16 giovani studenti e neolaureati. Il loro contributo è stato particolarmente importante per identificare, attraverso le loro idee, una visione di futuro sostenibile particolarmente innovativa. L’idea vincitrice “Smart Borgo” introduce un modello di lavoro “phygital” che offrirà alle aziende in espansione soluzioni di “smart working” in borghi italiani a rischio spopolamento, che saranno dotati di co-working e infrastrutture tecnologiche. La parte tech consiste in un gestionale intelligente dei borghi (mappatura, disponibilità attuali etc.); la parte “fisica” è un vero e proprio progetto di riqualificazione edilizia e valorizzazione del territorio.

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